Non è iscritto all’Ordine dei giornalisti ma il giornalismo ce l’ha nel sangue. Intervista a Gabriele Del Grande, giornalista, autore, sceneggiatore e regista (con Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry) di Io sto con la sposa, il finto corteo nuziale che ha beffato la Fortezza Europa, divenuto un film documentario grazie a un crowdfunding da record.
Per Infinito edizioni ha pubblicato i libri Mamadou va a morire (2007, premio Santa Marinella) tradotto in spagnolo e tedesco, Il mare di mezzo (2010, premi Colomba d’oro, Pro Asyl Hand, Uisp Mandela eIvan Bonfanti) tradotto in tedesco e in spagnolo e Roma senza fissa dimora (2009). Ha collaborato alla redazione del libro Come un uomo sulla terra (2009) diventato poi un film con la regia di Andrea Segre. Gabriele è conosciuto perchè prepara reportage e inchieste che la maggior parte delle volte vende all’estero. Dopo aver viaggiato in lungo e in largo per il Mediterraneo “alla ricerca delle storie che fanno la storia” ci racconta come un film documentario sia destinato ad essere anche un’azione politica.
Da anni con il tuo blog FORTRESSE EUROPE raccogli numeri e nomi per dare un volto ai migranti che muoiono nel Mediterraneo. Com’è nato e perchè è diventato così importante nel tempo?
Il blog nacque senza grandi ambizioni. Era l’inverno del 2005 e stavo facendo la gavetta in un’agenzia stampa a Roma. Proposi in redazione un pezzo di approfondimento sui precedenti dei naufragi nel Canale di Sicilia. E pochi giorni dopo decisi di condividere il materiale del mio archivio su un blog. Mi sembrava il modo più immediato per far circolare quei dati. Col tempo, ai numeri ho affiancato le storie, viaggiando in lungo e in largo per il Mediterraneo, da ormai dieci anni.
Il blog è diventato presto un punto di riferimento perché era l’unica fonte disponibile online che tenesse conto delle stragi lungo le rotte dell’immigrazione nel Mediterraneo.
“Io sto con la sposa”, una sfida vinta e un viaggio reale per aiutare siriani alla ricerca di una vita migliore. Quale è stata l’emozione più bella che ti ha dato questo film?
Troppo difficile fare la classifica. Il viaggio è stato una lavatrice di emozioni. La paura prima di ogni frontiera e il sollievo subito dopo, il dolore per i racconti della guerra e del mare e la gioia liberatoria di ogni sera dai nostri ospiti. Forse la sola parola che tiene tutto insieme è: “sogno”. Abbiamo avuto un sogno, di unire le genti delle due rive con il velo bianco della sposa. Ci abbiamo creduto. E da allora non abbiamo ancora riaperto gli occhi… Voglio dire che non soltanto il viaggio è andato bene, ma anche tutta la storia di come siamo riusciti a produrre il film dal basso con il crowdfunding e di come siamo riusciti a portarlo alla Mostra del Cinema di Venezia e da lì nelle sale di tutta Italia e adesso di tutto il mondo… è semplicemente straordinario!
Sei un “cane sciolto”, hai imparato l’arabo, parti spesso per i teatri di guerra, sei stato 5 volte in Siria. Perchè il giornalismo italiano è così poco riconoscente verso il lavoro dei freelance?
Forse la persona meno indicata per rispondere. Forse dovresti chiedere ai canuti caporedattori che in questi anni mi hanno sempre detto di no, che la gente non era interessata alla Siria, né tantomeno alle migrazioni. Forse dovresti chiedere ai film commissioner che ci dicevano che “Io sto con la sposa” non poteva funzionare e che sarebbe stato un fiasco. E magari chiederglielo adesso che il film è ancora in sala, da 20 settimane, con 100mila spettatori in 250 città italiane e dieci Paesi esteri. Fra l’altro proprio con una storia che parla di Siria e di immigrazione. Io posso solo dirti che l’Italia non è un paese per giovani e più in generale per idee fresche e brillanti. Questo è un paese vecchio e conservatore, che preferisce riscaldare il brodo anziché sperimentare. Ma per fortuna non è tutto così. E la dimostrazione più bella è la risposta del pubblico. Lo abbiamo visto per l’ennesima volta con i risultati straordinari di pubblico che ha avuto il film.
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